fbpx
ApprofondimentiStoria

1 maggio 1947: Strage di Portella della Ginestra

Il 1 maggio 1947, durante la festa del lavoro organizzata dal Partito Comunista Italiano (PCI) a Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, una sparatoria improvvisa causò una strage. Morirono 11 persone e oltre 30 rimasero ferite.

L’evento fu perpetrato da un gruppo di sicari mandati dai proprietari terrieri locali, in collaborazione con la mafia siciliana e alcuni esponenti politici, preoccupati della crescente presenza del PCI nella regione. Pochi giorni prima, infatti, il Blocco della sinistra (che comprendeva comunisti, socialisti e addirittura i socialisti liberali del Partito d’Azione), aveva vinto le elezioni regionali siciliane, ottenendo quasi 600 mila voti e dieci punti percentuali più della DC, che governerà comunque la regione con il supporto del PSLI (il futuro partito socialdemocratico), Uomo Qualunque, PRI, monarchici e altre formazioni. 

La strage scatenò l’indignazione del popolo italiano, dato che tra le vittime ci furono anche bambini. Se sui mandanti non è stata ancora fatta sufficiente chiarezza, gli esecutori furono gli uomini di Salvatore Giuliano. 

Secondo il giornalista della Stampa Andrea Cionci:

“Gli autori della strage si erano organizzati già dal giorno prima, non appena Salvatore Giuliano aveva ricevuto una misteriosa lettera, da lui subito bruciata. I banditi si erano, quindi, recati sui promontori che dominano la vallata di Portella; avendo incrociato, durante il cammino, due ignari cacciatori, li avevano sequestrati, affinché non mandassero all’aria l’operazione. Erano appena scoccate le 10: l’oratore del comizio, un calzolaio di San Giuseppe Iato che sostituiva il deputato del Pci Girolamo Li Causi, aveva iniziato a parlare, sul palco, quando echeggiarono i primi spari. Inizialmente vennero scambiati per dei mortaretti, ma quando le persone cominciarono a cadere, insanguinate, tutti compresero la vera natura degli scoppi. I più anziani si gettarono a terra, ma furono soprattutto i giovani, meno esperti, a cadere sotto le raffiche. La pressoché totale assenza di ripari esponeva i lavoratori e le loro famiglie alla decimazione. In circa un quarto d’ora tutto fu compiuto”.

Ma le cose non terminarono quel giorno. Scrive sempre Cionci “Alla strage di Portella della Ginestra, per circa un mese, seguirono attentati con mitra e bombe a mano diretti alle sedi del Pci di Monreale, Carini, Cinisi, Terrasini, Borgetto, Partinico, San Giuseppe Jato e San Cipirello. Ogni azione recava la firma di Giuliano che, in appositi volantini, sobillava la popolazione alla ribellione verso il comunismo avanzante.”

Perché Giuliano commise un crimine così orrendo? E perché odiava così tanto i comunisti? Giuliano era indubbiamente anticomunista, ma soprattutto era un bandito, respondabile di centinaia di morti. Una carriera iniziata nel 1943, quando uccise un carabiniere che lo aveva fermato mentre trasportava grano di contrabbando. Da allora la banda Giuliano commise rapine, omicidi e sequestri, spesso in collaboraziomne con la mafia locale e lo stesso Tommaso Buscetta definì Giuliano un “uomo d’onore”.

La politicizzazione del bandito, evoluzione non originale, avvenne nel 1945, quando l’incontro con alcuni dirigenti del MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia) lo portò, secondo la Commissione parlamentare antimafia del 1972, ad ottenere finanziamenti e il grado di tenente colonnello dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia), il movimento paramilitare clandestino formato nel febbraio 1945 di cui l’ex partigiano Antonio Capepa (che rappresentava l’ala sinistra del movimento indipendentista) fu il primo comandante. Canepa fu ucciso nel giugno dello stesso anno. L’EVIS si sciolse nel gennaio 1946, dopo arresti e scontri a fuoco con i carabinieri. Gli Evisti incarcerati furono liberati dopo la concessione dello statuto di autonomia speciale alla Sicilia a seguito di amnistia. 

Salvatore Giuliano continuò la sua carriera fino alla sua morte. Dopo la strage di Portella della Ginestra, come già detto, la sua banda continuò a dedicarsi al terrorismo politico, assalendo sedi del PCI e lasciando volantini di rivendicazione. 

Giuliano era un bandito con forti legami con la mafia, indipendentista e guerrigliero anticomunista. Ma secondo lo storico Nicola Tranfaglia (che a quegli eventi e a quel periodo storico ha dedicato nel 2004 il saggio Come nasce la repubblica, per i tipi di Bompiani) fu anche altro.

Dalle ricerche archivistiche di Tranfaglia nei fondi della CIA:

“emerge con chiarezza che a sparare con la banda Giuliano sui monti che circondano Portella c’era un esercito fantasma – ipotesi questa confermata ulteriormente dalla lettura critica della sentenza di Viterbo compiuta da Angelo La Bella e Rosa Mecarolo – (…) con agenti della CIA e seguaci di Junio Valerio Borghese uniti temporaneamente nell’azione anticomunista”.

Prosegue Tranfaglia:

“I rapporti desecretati dell’OSS e del CIC (i servizi segreti statunitensi nella seconda guerra mondiale) che provano l’esistenza di un patto scellerato in Sicilia tra la banda Giuliano ed elementi già nel fascismo di Salò (in primis, la X Mas di Junio Valerio Borghese e la rete eversiva del principe Pignatelli nel Mezzogiorno d’Italia)”.

Naturalmente non tutti gli studiosi concordano con questa ipotesi (per esempio Giuseppe Carlo Marino) che porterebbe a identificare Portella della Ginestra come la madre di tutte le stragi, o meglio come il primo atto della strategia della tensione che ebbe negli anni 70 il suo culmine. 

Di certo, però, non c’è nulla. Come avvolta dal mistero resta la morte di Salvatore Giuliano. 

Dopo il 1948, in cui la DC stravinse le elezioni politiche allontanando i rischi della vittoria comunista e lo stravolgimento degli equilibri di Yalta, Giuliano continuò la sua attività in clandestinità. Benché braccato dal Comando Forze Repressione Banditismo guidato dal colonnello Ugo Luca, si faceva intervistare e fotografare da giornali stranieri per riproporre la tesi del nobile Robin Hood che combatte il potere. 

Il 5 luglio 1950 il cadavere di Salvatore Giuliano viene ritrovato in un cortile di Castelvetrano. Il comunicato ufficiale parlò di uno scontro a fuoco con gli uomini del colonnello Luca. Ma questa versione fu subito contestata dalla stampa (il giornalista Tommaso Besozzi pubblicò un’inchiesta sull’uccisione di Giuliano dal titolo Di sicuro c’è solo che è morto).

Nel processo per la strage di Portella della Ginestra, il suo luogotenente Gaspare Pisciotta (che era confidente delle forze dell’ordine) affermò di essere l’uccisore di Giuliano, accusando vari politici (tra cui il ministro Scelba) di essere i mandanti, ma fornì versioni contraddittorie sui fatti. 

Pisciotta morì nel 1954 in carcere a causa di un caffè avvelenato. La stessa sorte di Michele Sindona (un altro uomo chiave nella storia dei Misteri Italiani) circa trent’anni dopo.

Leggi anche:
25 Aprile: la Festa della politica italiana
25 aprile 1974: la rivoluzione dei garofani
30 gennaio 1933: Hitler al potere (prima parte)

Become a patron at Patreon!

Leave a Comment